C’era molta attesa di conoscere i dati sull’inflazione Usa, per comprendere quanta pressione subirà la FED in vista del prossimo meeting di politica monetaria.Ebbene il Dipartimento del lavoro ha annunciato che i prezzi al consumo a novembre sono saliti dello 0,8% (era previsto un aumento dello 0,7%). Su base annua l’aumento è stato del 6,8%. Si tratta dell’aumento maggiore dal 1982.
L’aumento dei prezzi al consumo è stato ancora una volta trainato dal significativo aumento dei prezzi dell’energia. Questi sono aumentati del 33% su base annua.
L’ulteriore accelerazione dei prezzi non ha sorpreso gli analisti, ma aumenta la pressione sulla Federal Reserve per inasprire la politica monetaria (ricordiamo che il target federale è al 2%).
La banca centrale Usa si riunirà settimana prossima e a questo punto molto probabilmente imprimerà una netta accelerazione al tapering. Di conseguenza aumentano anche la possibilità di un primo rialzo dei tassi entro metà 2022.
Sul mercato valutario, i dati sull’inflazione Usa non hanno dato slancio al biglietto verde, riportando il cambio euro/dollaro sopra quota 1,30 e l’indice del dollaro poco oltre 96,0.
La debolezza del greenback si spiega col fatto che il dato finale sui prezzi è stato abbastanza in linea con le aspettative del mercato, che temeva anzi che potesse superare addirittura il 7%.