La corsa del dollaro non accenna a fermarsi, e il biglietto verde è ormai a un passo da una storica parità rispetto all’euro.
Dopo i dati sul lavoro resi noti venerdì scorso, gli investitori sono sempre più convinti che la FED continuerà a spingere sull’acceleratore per normalizzare in fretta la politica monetaria e frenare l’inflazione.
Diversi policy makers, tra cui lo stesso presidente Jerome Powell, si sono già espressi a favore di un aumento del tasso di 75 punti base nella prossima riunione della banca centrale, ribadendo che la Fed utilizzerà i suoi strumenti di politica monetaria per riportare l’inflazione all’obiettivo del 2%, anche se ostacola la crescita.
Al contrario, in Europa la BCE si trova ad affrontare una situazione economica molto più delicata, resa ancora più incerta dal blocco delle forniture tramite il Nord Stream I per i prossimi 10 giorni (e si teme anche di più). Il timore di una profonda recessione nel vecchio continente è assai concreto, e questo renderebbe difficile per la BCE procedere con un inasprimento robusto della politica monetaria.
Si prevede che dovrebbe aumentare i tassi chiave di 25 pb a fine mese, il primo aumento in oltre 11 anni.
Le posizioni molto diverse dell’economia Usa e di quella Europea, ampliano il solco tra euro e dollaro. Il cambio si avvicina sempre di più alla partià, ed oggi è sceso sotto 1,07.
Il intanto ha superato quota 108 per la prima volta dall’ottobre 2002.
La forza del biglietto verde questo è riscontrata soprattutto rispetto alle valute legate alle materie prime, come il dollaro australiano e quello neozelandese.