Il dollaro fa un po’ di tira e molla, affacciandosi sui massimi di 20 anni prima di cedere un po’ di terreno dopo alcuni dati macro.
Il Dollar Index era salito sui 109,5, livello più alto da settembre 2002, supportato dalla ricerca di beni rifugio e dalle aspettative che la Federal Reserve porterà avanti il suo piano aggressivo di inasprimento per combattere l’inflazione.
La scorsa settimana, diversi politici statunitensi hanno rilasciato dichiarazioni sulla necessità di un ulteriore inasprimento, guidando un nuovo rally del dollaro. I mercati si sono così orientati verso una maggiore possibilità di un altro aumento del tasso di 75 punti base a settembre.
La corsa del dollaro si è fermata strada facendo, innescando una retromarcia fino a 108,5, dopo che alcuni dati economici hanno acuito i timori di una potenziale recessione.
L’attività commerciale del settore privato statunitense si è infatti contratta per il secondo mese consecutivo ad agosto, ma soprattutto i prezzi di input e output dell’indagine PMI sono nuovamente scesi, lasciando sperare che le pressioni inflazionistiche potrebbero aver toccato il picco.
Dopo questi dati, i mercati sono tornati a prezzare al 55,5% la probabilità di un aumento del tasso di 50 punti base da parte della Fed.
Adesso l’attenzione si concentra sul discorso del presidente Jerome Powell al simposio annuale di Jackson Hole alla fine di questa settimana, che potrebbe segnalare quanto potrebbero aumentare i tassi negli Stati Uniti.