Dopo 8 anni, Mario Draghi ha detto addio alla poltrona di presidente della BCE (da inizio novembre il suo posto verrà preso da Christine Lagarde). Il banchiere italiano ha governato l’ultimo meeting di politica monetaria, che è stato come prevedibile interlocutorio.
Nessuna novità dalla BCE
La Banca Centrale Europea ha confermato (all’unanimità) il QE da 20 miliardi al mese e non ha toccato i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali né quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginale, rimasti rispettivamente allo 0,00% e allo 0,25%. Invariati anche i tassi sui depositi, gli stessi che nell’ultima riunione BCE sono stati portati da -0,4% a -0,5%.
Draghi: minori probabilità di una Brexit
Nel comunicato si legge che “il Consiglio Direttivo è pronto a cambiare in ogni momento i propri strumenti per accertarsi la convergenza dell’inflazione verso il target” e che “La crescita dell’occupazione e dei salari sta aiutando a contrastare gli effetti derivanti da un rallentamento economico ormai evidente”. Infine il monito: “le economie dell’Eurozona che dovrebbero fare di più, soprattutto quelle con un debito pubblico più ampio”.
Poi Draghi ha parlato in conferenza stampa, lanciando segnali importanti che hanno finito per spingere l’euro. Ha ribadito che i tassi così bassi hanno avuto un impatto positivo, mentre per compensare quelli negativi è stato introdotto il tiering. Ha indicato nel rallentamento economico globale il grave rischio da affrontare, e ha parlato di beneficio per la zona euro dovuto alle “minori probabilità di una ‘hard Brexit’“.
Euro avanti e indietro
Proprio quest’ultimo passaggio su Brexit aveva temporaneamente acceso i mercati, spingendo l’euro.
Il cambio EURUSD, che stava viaggiando intorno alla parità prima dell’intervento di Draghi, ha temporaneamente accelerato su quota 1,1160, per poi fare marcia indietro e tornare verso 1,110, come vediamo sulla JForex del broker .
L’assenza di fuochi d’artificio nella conferenza di Draghi, ha infatti spostato l’attenzione dei mercati sui dati PMI statunitensi migliori delle attese, che hanno spinto il dollaro. Il rapporto preliminare PMI di IHS Markit a ottobre ha rivelato che l’attività economica nel settore manifatturiero dovrebbe espandersi con un ritmo più robusto del previsto, con il PMI manifatturiero che migliora a 51,5 e supera la stima del mercato di 50,7.
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