I dati macro non riescono a dare una scossa all’euro, che continua a marciare fiacco rispetto al dollaro ( sotto 1,07). Eppure l’attività economica dell’Eurozona ha accelerato a febbraio, giungendo al valore più alto in 9 mesi, grazie alla spinta del settore terziario e dalla crescita della produzione manifatturiera.
I dati resi noti martedì riguardo al Pmi composito preliminare dell’eurozona, evidenziano una crescita a quota 52,3 punti, sopra il consensus di 50,7 punti, rispetto ai 50,3 di gennaio. Questa lettura ha indicato la più forte espansione dell’attività commerciale dallo scorso maggio.
La stima sull’indice Pmi manifatturiero segnala un peggioramento da 48,8 a 48,5 punti, contro le attese di un miglioramento a 49,3 punti. Si tratta dell’ottava contrazione consecutiva dell’attività industriale per la eurozona.
Il Pmi servizi, invece, passa da 50,8 a 53,0 punti, sorprendendo in positivo gli analisti che mediamente prevedevano un valore di 51 punti. L’ultima lettura ha indicato la più forte espansione nel settore dei servizi dallo scorso giugno, aiutata dal rilancio della crescita dell’attività dei servizi finanziari, nonché dalla rinascita del turismo e delle attività ricreative e dei media.
A completare il quadro c’è l’indicatore ZEW del clima economico per l’area dell’euro, cresciuto di ben 13 punti a febbraio passando da 16,7 a 29,7 gli analisti si aspettavano un miglioramento molto più contenuto fino a 22,3. si quinto miglioramento consecutivo del sentiment economico.
Sul mercato valutario l’euro reagisce poco rispetto a questi dati. Il cambio con il dollaro resta vicino a 1,07, ossia i livelli più bassi dall’Epifania.
A spingere gli investitori verso il dollaro e la prospettiva che la Federal Reserve – stante gli ultimi dati sul lavoro e sull’inflazione – possa proseguire nel suo atteggiamento aggressivo ancora per diversi mesi.