L’economia cinese continua a inviare messaggi deludenti, che alimenta le preoccupazioni sul futuro della seconda più grande economia mondiale.
Va anzitutto precisato che i dati resi noti dall’Ufficio nazionale di statistica sono molto aumentati, ma tuttavia ciò è dovuto al confronto fatto rispetto allo stesso mese dello scorso anno, quando lo sviluppo economico è stato appesantito dai blocchi legati al Covid.
Le vendite al dettaglio segnano +18,4% su base annua rispetto al 10,6% di marzo, ma gli economisti si aspettavano una media del 20,5%.
La produzione industriale è cresciuta del 5,6% su base annua, rispetto al 3,9% di marzo. Ma è inferiore all’11,0% atteso. Inoltre rispetto a marzo, la produzione industriale è diminuita dello 0,47%.
Anche gli investimenti in immobilizzazioni del paese sono stati tutti al di sotto delle previsioni ad aprile, mentre il tasso di disoccupazione nelle città cinesi è sceso al 5,2% ad aprile dal 5,3% di marzo. Nella fascia di età dai 16 ai 24 anni, invece, è al 20,4%, un valore record.
Questi dati si aggiungono a quelli resi noti settimana scorsa sull’inflazione,e forniscono un quadro che rafforza i timori dei mercati sulla ripresa cinese, che sta deludendo le iniziali aspettative ottimistiche. Aumenta così la pressione sulle autorità affinché offrano maggiori stimoli fiscali e monetari per alimentare la ripresa post-pandemia del paese.
Per questi motivi lo yuan si è indebolito oltre il 6,97 per dollaro, scivolando verso i livelli più bassi in oltre due mesi. A evitare una perdita più consistente è la debolezza del dollaro, a causa del rischio di un default degli Stati Uniti se non viene raggiunto un accordo tra Democratici e Repubblicani sull’aumento del tetto del debito.
Nel frattempo, la People’s Bank of China ha mantenuto invariato al 2,75% il suo tasso sui prestiti a medio termine a un anno nel fixing di maggio.
