Il dollaro ha ripreso a correre a inizio ottobre (dopo un aumento del 2,5% a settembre), spinto dall’economia USA resiliente e dallo scampato pericolo shutdown.
Il , che misura il suo andamento rispetto ad alcune valute principali, vola attorno quota 107, come non accadeva da novembre 2022.
Nel fine settimana è stato evitato d’un soffio il temuto shutdown del governo federale. Un disegno di legge che garantisce finanziamenti fino al 17 novembre ha ricevuto sostegno bipartisan, riuscendo ad essere convertito in legge pochi minuti prima della scadenza.
Se questo scampato pericolo ha rimosso un fattore di incertezza dal mercato, a migliorare la situazione ci hanno pensato i dati macro.
L’ISM Manufacturing PMI ha superato le previsioni, evidenziando la più piccola contrazione (è salito a 49 da 47,6 del mese precedente) dell’attività industriale in quasi un anno. Vero è che siamo a 13 mesi di contrazioni mensili consecutive nell’attività industriale statunitense, il che evidenzia l’impatto delle strette di politica monetaria sul settore. Anche l’occupazione è stata solida e ha recuperato da 3 periodi di contrazione.
Tutti questi fattori forniscono un assist alla FED per continuare a mantenere i tassi di interesse alti per ridurre l’inflazione, e forse per portare avanti il progetto di un altro aumento entro fine anno.
Per questo motivo il ha ampliato i guadagni nel primo giorno di negoziazione di ottobre, arrivando quasi a 107, come non accadeva da novembre dello scorso anno.
Ne fa le spese l’euro, che scivola ulteriormente. Il cambio precipita di nuovo sotto 1,05.
Gli operatori sono in attesa di una serie di apparizioni da parte di diversi funzionari della Fed questa settimana, incluso il presidente Powell.
Inoltre, il rapporto sui salari (NFP) previsto per venerdì offrirà un aggiornamento sulla forza del mercato del lavoro.