I dati sull’inflazione che giungono dal Giappone consolidano ancora la convinzione che la Bank of Japan non alzerà i tassi di interesse nel breve periodo, come si immaginava fino a qualche settimana fa (prima cioè che arrivasse a sorpresa la recessione tecnica).
Il report rilasciato dall’istituto di statistica ha evidenziato che i tassi di inflazione complessiva e di fondo in Giappone sono scesi al 2,2% e al 2% a gennaio (a dicembre erano rispettivamente 2,6% e 2,3%), segnando i livelli più bassi da marzo 2022.
Tuttavia, il tasso di inflazione core è risultato al di sopra del consenso del mercato dell’1,8%, ma comunque entro l’obiettivo del 2% della Banca del Giappone (dopo aver superato tale livello per 21 mesi).
Su base mensile, i prezzi al consumo sono rimasti stabili dopo essere aumentati dello 0,1% a dicembre.
Tutto questo cosa comporta? La Banca del Giappone vede ridotta la pressione affinché aumenti i tassi di interesse, dopo mesi di speculazioni secondo cui l’aumento dei salari e dei prezzi le avrebbe forzato la mano. Di fronte a una recessione tecnica registrata nel quarto trimestre (perdendo il suo posto come terza economia mondiale a favore della Germania) è improbabile che la BoJ decida di alzare il costo del denaro, danneggiando ulteriormente l’economia.
Sul fronte valutario, lo yen giapponese non si è mosso granché rispetto al dollaro. Il cambio USDJPY è rimasto sopra i 150. Lo yen resta sotto pressione a causa dei carry trade e dei dati economici deludenti. La debolezza della valuta ha indotto l’intervento verbale delle autorità, poiché lo yen è la valuta del G10 con la peggiore performance quest’anno.
Intanto il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni del Giappone è rimasto intorno allo 0,7%, attestandosi vicino ai livelli più bassi in oltre tre settimane.
