Con una decisione all’unanimità, la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di un quarto di punto. Ma soprattutto Powel prova a isolare l’istituto da questioni politiche, rispondendo “no” all’eventualità di dimissioni se Trump le chiedesse, e affermando che l’esito elettorale non avrà alcuna influenza sulla politica a breve termine dell’istituto.
Dopo la sforbiciata da mezzo punto percentuale di metà settembre, i tassi di interesse scendono ancora e adesso sono nella forchetta fra il 4,50% e il 4,75%. Ogni decisione sarà presa di riunione in riunione in base ai dati (lasciando quindi la porta aperta a una pausa nel mese di dicembre).
Secondo la banca centrale, le prospettive dell’economia “sono incerte” e bisogna stare attenti ai “rischi sia sul versante inflazionistico che su quello occupazionale“. Nel comunicato di accompagnamento, la FED precisa che l’inflazione ha fatto progressi verso l’obiettivo del 2% “ma resta elevata“.
Al di là delle dichiarazioni di Powell, è tuttavia inevitabile che l’approccio della FED dovrà tenere conto della politica economica del nuovo governo, che promette dazi e grandi spese. La preoccupazione è un nuovo sussulto dell’inflazione, cosa che complicherebbe il percorso di normalizzazione intrapreso dalla Federal Reserve.
Sul fronte valutario, il dollaro oggi ha ceduto una fetta dei grandi guadagni maturati ieri. Il è tornato verso quota 104,5. Gli investitori hanno già scontato un’altra riduzione di un quarto di punto del tasso dei fondi federali a dicembre e tagli di circa 67 punti base nel 2025.
La frenata del dollaro favorisce la ripresa dell’euro ( a 1,078) e soprattutto della valuta australiana ( oltre 0,665).