Negli ultimi giorni si è mosso giù e su il , che però sostanzialmente non è riuscito a schiodarsi da livelli poco superiori ai 30mila dollari.
Anzi, in realtà la notizia più importante della settimana è che per la prima volta da gennaio, la quotazione della criptovalute più famosa al mondo era scivolata sotto questa importante soglia (martedì).
Bitcoin ha fatto capolino sotto i 30mila dopo il pugno di ferro mostrato dalla banca centrale cinese (PBoC) nei confronti delle crypto in generale.
L’istituto di Pechino ha infatti esortato le banche e le società di pagamento tra cui Alipay, a non avere in sostanza più niente a che fare con le transazioni in criptovalute.
Inoltre continua la chiusura dei progetti di mining in Cina, da sempre ambiente fertile per le crypto.
Dopo lo schiaffone cinese, c’è stata una reazione dei tori del mercato che hanno saputo spingere le quotazioni di di nuovo sui 35.000 dollari.
La ripresa però è stata breve, e al momento in cui scriviamo il prezzo è tornato in orbita 32mila, forse anche per la scadenza dei contratti di opzioni (che solitamente si accompagnano a una certa volatilità).
Non ha aiutato neppure l’appello dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che sollecita l’attuazione di una maggiore regolamentazione sulle criptovalute per fermare il boom del mercato della droga attraverso il DarkWeb.
La situazione attorno a rimane comunque molto compelssa e delicata. E’ chiaro che il mercato si muoverà soprattutto in relazione alla percezione delle conseguenze che l’uscita del mining cinese avrà sul futuro di Bitcoin. Del resto è stato proprio questo tipo di scetticismo a innescare la recente caduta del prezzo.
Uno scetticismo che, secondo JPMorgan, adesso sta iniziando a contagiare anche gli investitori di grandi dimensioni, meno interessati al Bitcoin rispetto a qualche tempo fa (ma sarà vero?).