La svalutazione del peso argentino continua senza pause. Venerdì dopo una breve tregua, il dollaro ha ripreso a marciare spedito contro la valuta argentina, raggiungendo 29.76 pesos (+3,8%). Si tratta di una valutazione record per la coppia UsdArs.
E’ evidente che neppure la concessione di un maxi-prestito di 50 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), il più alto mai concesso dall’agenzia, sia stato sufficiente per calmare il mercato e ridare agli investitori un po’ di fiducia nel programma economico del governo Mauricio Macri (non a caso i bond argentini stanno pagando anche oltre il 9%, chiaro segnale della mancanza di fiducia nel Paese).
Anche i dati macro recenti hanno deluso, come l’indice di attività economica che è stato molto peggiore del previsto (anzi, la peggiore lettura del decennio).
Il presidente Macri ha ribadito l’impegno del paese di ridurre il suo deficit fiscale, uno dei punti più importanti dell’accordo con il FMI. Il documento afferma che l’obiettivo per il 2019 è sceso dal 2,2% a solo l’1,3% del PIL. Il presidente argentino ha ammesso l’esistenza di ostacoli nel portare avanti i programmi, che esistono ancora problemi strutturali, ma che si procede nella direzione giusta.
Ma le cose non vanno per il verso giusto. Lo stesso ministro della Produzione (Dante Sica), ha ammesso che l’Argentina è dopo il Venezuela il paese finanziariamente più vulnerabile del SudAmerica. In queste condizioni ogni minima turbolenza nel quadro geopolitico, specialmente negli Stati Uniti, ha un forte impatto sul paese e sulla valuta argentina. Il quotidiano “La Nación” ha descritto questa situazione con una metafora azzeccata: “quando gli Stati Uniti starnutiscono, l’Argentina prende la polmonite mentre gli altri paesi dell’America Latina hanno solo il raffreddore”.
La BCRA di recente è dovuta intervenire a più riprese per sostenere la valuta, alzando i tassi fino al 40% durante il mese di maggio, proprio per cercare di sostenere il peso. Ma è chiaro che la BCRA non potrà tenere i tassi di interesse così alti senza subire pressioni dal governo che non vuole soffocare l’economia.