Il prezzo del petrolio è tornato a correre ben oltre i 100 dollari, ed anzi il ha sfondato nuovamente il muro dei 110. La guerra in Ucraina continua ad avere forti ripercussioni sul mercato, tanto dal lato dell’offerta che della domanda.
Dal lato dell’offerta, il minor livello di export dalla Russia in teoria dovrebbe essere compensato dalla maggior produzione dell’OPEC+, che tuttavia nell’ultima riunione ha deciso di continuare a seguire il suo piano di aumenti solo graduali.
Altro petrolio aggiuntivo arriverà dall’immissione di scorte strategiche sul mercato da parte degli USA e altri Paesi.
Tuttavia l’offerta continua ad essere in calo, mentre le scorte dell’OCSE a febbraio sono scese per il 14° mese consecutivo (e sono ben al di sotto della media quinquennale).
Dal lato della domanda, l’International Energy Agency (IEA) ha peggiorato le proprie previsioni sul 2022 a seguito degli effetti dell’incremento dei prezzi, del ritorno dei lockdown estremi in Asia e delle implicazioni negative sull’economia per l’invasione in Ucraina. Martedì scorso, anche l’OPEC ha anche ridotto la sua stima di crescita della domanda per il 2022 di quasi 500.000 barili al giorno.
Si attendono peraltro le mosse della Eurozona, dopo l’annuncio di Ursula von der Leyen riguardo a un possibile embargo UE, che potrebbe essere deciso a fine mese quando si deciderà il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia.
Lo squilibrio tra domanda e offerta ha ripreso a spingere i prezzi. Il è salito oltre la soglia dei 110 dollari, mentre il rimane sopra i 105.
Il prezzo continuerà ancora a risentire degli effetti della guerra in Ucraina. I rialzi di questi giorni sono infatti spinti soprattutto dallo stallo nei colloqui di pace, che alimentano i timori sulle forniture.