I prezzi del petrolio ballano parecchio, dapprima scivolando pesantemente ma poi rimbalzando dal minimo di due settimane. Alla fine si ritrovano di nuovo in orbita 120 dollari al barile.
Sul prezzo di e continuano ad agire diversi fattori, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta.
Le preoccupazioni riguardo alle sorti dell’economia globale stanno agendo da fattore ribassista. Il timore di una recessione infatti impatta sulla domanda di oro nero. Questo sentiment è acuito dall’aggressivo inasprimento delle politiche monetarie delle principali banche centrali di tutto il mondo.
L’ultimo rapporto di EIA evidenzia consumi contenuti e scorte globali in aumento, a casua del contesto negativo delle prospettive di crescita e inflazione, avvertendo che la domanda di petrolio dovrebbe raggiungere i livelli pre-pandemia solo nel 2023.
Dal lato dell’offerta, la stessa EIA ha mostrato che la produzione di greggio statunitense è aumentata inaspettatamente a 12 milioni di barili al giorno la scorsa settimana, raggiungendo il livello più alto da aprile 2020.
Questo effetto viene però bilanciato dal calo dell’offerta dalla Russia, per via delle sanzioni occidentali a seguito dell’invasione in Ucraina.
Le preoccupazioni riguardo alle forniture limitate sono cresciuto dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni sul petrolio iraniano.