Il default della Russia indebolisce il rublo, che rimbalza dal massimo di 7 anni toccato settimana scorsa (e la cosa non dispiace affatto al Cremlino).
Mosca non ha rispettato gli obblighi di pagamento degli interessi sul debito sovrano. Era successo solo un’altra volta, nel lontanissimo 1918. La Russia avrebbe dovuto pagare circa 100 miliardi di interessi su bond denominati in dollari ed euro, ma per via delle sanzioni occidentali non ha potuto procedere.
Per questo movito è scattato il dafault, che al momento ha più che altro un valore simbolico, visto che la Russia è già abbondantemente isolata dall’Occidente. Tuttavia questa insolvenza dovrebbe ostacolare i rating della Russia e l’accesso al credito in futuro (quando si spera sarà tornata la pace).
Sul mercato valutario, la notizia ha penalizzato il Rublo, che ha superato il livello di 53 per USD, indietreggiando dal massimo di 7 anni di 49,5 toccato la scorsa settimana.
La cosa non dispiace affatto al Cremlino, che anzi era preoccupato proprio per le conseguenze (economiche e fiscali) che una valuta troppo forte avrebbe potuto avere. Proprio per questo erano state varati controlli sui capitali da parte della banca centrale, che nella sua ultima riunione aveva tagliato il tasso di interesse di 150 punti base per riportarlo al livello pre-invasione del 9,5%.
Malgrado la discea odierna, il rublo rimane la valuta con la migliore performance da inizio anno, grazie al sostegno ricevuto dall’aumento della domanda di petrolio e gas naturale, e l’aumento dei prezzi delle materie prime. Inoltre, il crollo dell’importazione a causa delle sanzioni ha fermato la domanda di dollaro, esacerbando commissioni elevate e tassi di interesse negativi che le banche applicano sui depositi di valute da stati ‘ostili‘.