Nonostante un ultimo tiepido rialzo, i prezzi del petrolio stanno chiudendo la settimana in netta discesa.
Sono stati giorni nervosi, caratterizzati da una forte volatilità.
Gli investitori continuano a valutare i driver che incidono dal lato della domanda e dall’offerta. E in questo senso sono cambiati i rapporti di forza. Se prima il peso maggiore lo aveva il timore di un prolungato deficit dell’offerta, adesso il driver prevalente è la paura della recessione.
Dal momento che la maggior parte delle banche centrali di tutto il mondo ha iniziato ad essere più aggressiva sul fronte dai tassi per frenare le pressioni inflazionistiche, c’è il rischio che tutto questo alimenti la spirale negativa verso la recessione economica. Se così fosse, chiaramente andrebbe a intaccare la richiesta di petrolio.
Al tempo stesso la ripresa dei casi di coronavirus in Cina – aumentati questa settimana – sollevano ulteriori preoccupazioni circa eventuali ulteriori lockdown.
Le preoccupazioni riguardo al calo della domanda sono più forti rispetto al timore di una interruzione dell’offerta, causata da un parziale embargo europeo sulle importazioni di petrolio russo nel continente.
Nel frattempo, gli ultimi report sulle scorte mostrano un aumento a sorpresa. L’American Petroleum Institute ha riferito che le scorte di greggio sono cresciute di circa 3,8 milioni di barili la scorsa settimana. I dati ufficiali dell’Energy Information Administration (Eia) invece hanno evidenziato che le scorte statunitensi sono aumentate di più in otto settimane, sfidando le aspettative per un calo di 1,043 milioni di barili.
Per questi motivi il petrolio ha imboccato la via della discesa. Il viaggia sui 106 dollari al barile, ma in settimana si era anche affacciato sotto la soglia dei 100 per la prima volta dallo scorso aprile. Il invece viaggia sui 104, ma in netto calo settimanale.
Qualche giorno fa la banca statunitense Citi ha ipotizzato un calo dei prezzi del petrolio al di sotto dei 65 dollari entro la fine dell’anno.
Va aggiunto che a penalizzare ulteriormente le quotazioni del petrolio è il deciso rafforzamento del dollaro. Il biglietto verde è su livelli che non si vedevano da circa 20 anni.