C’era molta attesa per il discorso del presidente della Fed, Jerome Powell, al simposio di Jackson Hole.
Il capo della banca centrale americana ha sottolineato che la priorità è ridurre l’inflazione, facendo intendere che il ripristino della stabilità dei prezzi potrebbe richiedere il mantenimento dei tassi di interesse in un territorio restrittivo per un periodo prolungato.
Powell ha ammesso che la riduzione dell’inflazione richiederà un periodo prolungato di crescita al di sotto del trend, ma il mancato ripristino della stabilità dei prezzi significherebbe un dolore molto maggiore (ieri gli USA sono entrati ufficialmente in recessione tecnica).
Nel frattempo, l’indicatore di inflazione preferito dalla Federal Reserve, l’indice dei prezzi PCE core, è risultato inferiore alle aspettative (0,1% sul mese). Questo conferma l’impressione ricavata dai recenti dati CPI, che indicavano un forte rallentamento dell’inflazione.
Inoltre, la spesa personale ha sorpreso le aspettative del mercato al ribasso, aggravando i timori di un rallentamento economico.
Le dichiarazioni di Powell indirizzano verso un altro aumento insolitamente ampio nella prossima riunione (anche se tutto dipenderà dai dati in arrivo), raffreddano le aspettative di una FED meno aggressiva in futuro e riducono le speranze che ci possano essere tagli ai tassi nel 2023.
A luglio la Federal Reserve ha alzato di 75 punti base il tasso, portandolo al 2,25%-2,5%. E’ stato il quarto aumento consecutivo dei tassi, giunti al livello più alto dal 2019.
Il , che nelle ore precedenti all’intervento era sceso, ha poi riguadagnato terreno riportandosi oltre la soglia di 108. Siamo comunque distanti dal massimo ventennale di 109 toccato all’inizio della settimana.
Dopo il discorso del presidente della Fed, il rendimento dei Treasuries a 10 anni è salito al di sopra della soglia del 3%, avvicinandosi al massimo di due mesi del 3,1% toccato all’inizio della settimana.