La prospettiva di tassi di interesse più altri, che frenerebbero la crescita spingendo le economie verso la recessione, continuano a spingere al ribasso il petrolio.
Per la terza settimana conecutiva, i prezzi di e chiudono in rosso, anche perché la forza del dollaro rende il barile più costoso per gli acquirenti esteri.
I timori legati al probabile calo della domanda superano decisamente quelli dal lato dell’offerta, anche dopo che l’OPEC+ ha deciso di procedere a un taglio della produzione di centomila barili al giorno a ottobre.
Pesano soprattutto i timori legati all’indebolimento della Cina, il maggiore consumatore di greggio.
Il viaggia sui 91 dollari il barile, il scambia a 86.
Secondo OPEC e AIE (Agenzia Internazionale per l’Energia), nel quarto trimestre 2022 ci sarà una domanda ancora debole, che però dovrebbe rialzarsi a inizio 2023 se ci sarà l’auspicata fine della politica zero-Covid in Cina.
Diverso però è il discorso per i Paesi OCSE, che resterebbero frenati nella crescita e quindi nella domanda di petrolio, dalle sanzioni contro i prodotti energetici russi.