Non si ferma la pressione sullo Yuan cinese, che rimane vicino ai minimi di 14 anni rispetto al dollaro.
Il cambio è scambiato su quota 7,2, dopo che i recenti dati sull’inflazione statunitense hanno rafforzato le scommesse sul fatto che la Federal Reserve continuerà ad aumentare in modo aggressivo i tassi di interesse.
Tuttavia sul cambio pesa soprattutto l’indebolimento delle prospettive economiche per la Cina, legate alla politica zero-Covid. Il FMI che ha ridotto le sue previsioni di crescita per il 2022 e 2023 per il paese rispettivamente al 3,2% e al 4,4%.
C’è un dato eclatante che racchiude la debolezza dello Yuan di quest’ultimo periodo. Il cambio si avvia a chiudere in calo per l’ottava volta nelle ultime nove settimane.
Nel frattempo l’inflazione annuale cinese è salita al 2,8% anno su anno a settembre 2022 dal 2,5% del mese precedente, in linea con il consenso del mercato. Questa è stata la lettura più alta da aprile 2020, principalmente a causa di un forte aumento del costo del cibo.
Cala ancora invece l’inflazione dei prezzi alla produzione: 0,9% a settembre, rispetto al consenso del mercato dell’1,0%. Si tratta del 21° mese consecutivo di rallentamento.