La marcia indietro del dollaro sembra aver subito una frenata, che è cominciata settimana scorsa dopo i Non Farm Payrolls, ed è proseguita anche nel corso di questa settimana.
Il mercato, che già da tempo sta prezzando un aumento del tasso sui 50 punti base da parte della Fed la prossima settimana, adesso ha assunto un approccio più guardingo, perché restano dei dubbi sulle future mosse della banca centrale.
Con una inflazione che – benché in rallentamento – rimane elevata, i dati macro diventano fondamentali per capire quanto margine di manovra ha la FED per aggredire l’inflazione evitando però una recessione economica. E di recente sono contrastanti.
Oggi ad esempio è toccato al PPI (indice dei prezzi alla produzione) che è salito più del previsto (+0,3% contro le attese di +0,2%), mentre le aspettative di inflazione dell’Università del Michigan hanno mostrato invece un calo inaspettato.
Il biglietto verde così continua a muoversi poco. Il scambia intorno a 105, mentre il cambio resta poco sopra 1,05.
Finora questo mese, il dollaro ha perso l’1% ed è sceso di oltre il 7% rispetto al picco ventennale di 114,1 raggiunto a settembre.