Il rimbalzo di venerdì attenua il bilancio dei prezzi del petrolio, che nelle ultime due settimane è in rosso. Il si riporta sugli 84 dollari al barile, mentre il oscilla attorno alla soglia degli 80 dollari.
A gravare sul mercato del petrolio è l’indebolimento delle prospettive della domanda da una parte, e il rafforzamento del dollaro dall’altra.
I dati macro rilasciati questa settimana dalle principali economie, tra Stati Uniti, Eurozona e Gran Bretagna, hanno evidenziato grosse difficoltà. La politica dei tassi di interesse alti stanno incidendo sulla crescita economica. Ma questo comporta anche un calo della prospettiva della domanda globale di petrolio.
Al tempo stesso il dollaro ha continuato a rafforzarsi prima del simpsio di Jackson Hole (cominciato proprio venerdì), rendendo il petrolio più costoso per i detentori di altre valute. Il è salito fino a 104, centrando il livello massimo di circa 3 mesi.
Ad attenuare la debolezza di e ci sono i tagli alla produzione dell’OPEC+ e la notizia che l’Arabia Saudita sta valutando di estendere il suo taglio alla produzione di 1 milione di barili al giorno fino a ottobre.
Di contro, per favorire la discesa dei prezzi, le autorità statunitensi stanno prendendo in considerazione una proposta per allentare le sanzioni sul settore petrolifero venezuelano.