Il petrolio si è messo di nuovo a correre, sostenuto dalla riduzione dell’offerta e dalle aspettative che l’OPEC+ estenderanno i tagli alla produzione per il resto dell’anno.
Il prezzo del è salito sugli 88 dollari per barile, mentre il marcia attorno a 85 dollari. Si tratta del livello più alto da gennaio, grazie a una corsa che questa settimana è stata di quasi il 5%.
I mercati si aspettano che l’Arabia Saudita estenderà per il terzo mese consecutivo il suo taglio volontario della produzione (1 milione di barili al giorno) fino a ottobre, e anche che la Russia attui tagli alle esportazioni fino al mese prossimo. Tutto ciò alla luce dei dati ufficiali PMI sul settore manifatturiero cinese, che si è contratto per il quinto mese consecutivo.
Sul prezzo di e incide anche il crollo delle scorte negli USA, 10,6 milioni di barili la scorsa settimana, il massimo in un mese. Un calo che ha superato di gran lunga le previsioni (-3,3 milioni di barili).
A evitare un aumento più robusto del petrolio è un sondaggio Reuters, che ha indicato che la produzione iraniana è salita a 3,1 milioni di barili giornalieri ad agosto, la più alta dal 2018, compensando i tagli volontari di Arabia Saudita e Russia.