E’ durata poco la fiammata dell’euro dopo il rilascio della stima preliminare sull’inflazione nella Eurozona, che è stata più debole del previsto.
Il cambio è risalito oltre 1,06, ma poi ha perso strada facendo i suoi guadagni.
Il tasso è sceso al 4,3% su base annua a settembre, raggiungendo il livello più basso dall’ottobre 2021. Il dato è stato inferiore al consenso del mercato del 4,5%. Anche il tasso di inflazione core, una misura fondamentale di fondo che filtra la volatilità dei prezzi alimentari ed energetici, è sceso al 4,5% a settembre, segnando il suo punto più basso dall’agosto 2022.
Tuttavia, il quadro è tutt’altro che uniforme tra i paesi dell’Eurozona. I tassi sono diminuiti in Germania, Francia e Paesi Bassi. Tuttavia, in Italia e Spagna, i tassi di inflazione sono accelerati al 5,7% e al 3,2% dal 5,5% e 2,4%, rispettivamente.
Secondo il mercato difficilmente la Banca Centrale Europea perseguirà ulteriori rialzi dei tassi di interesse nella parte restante dell’anno, ma li manterrà elevati per un periodo prolungato.
Diversamente dovrebbe fare la FED, che sembra indirizzata verso un’altra stretta entro fine anno, anche perché l’indice dei prezzi PCE core e i prezzi PCE principali sono aumentati meno del previsto in agosto, e l’economia statunitense ha mantenuto un ritmo di crescita abbastanza solido al 2,1% nel secondo trimestre.
I commenti di diversi funzionari della Fed hanno peraltro rafforzato l’idea che la banca centrale dovrà aumentare ulteriormente i tassi.
Questo quadro complessivo ha impedito all’euro di sfruttare l’effetto rincuorante dell’inflazione in calo. Il cambio è risalito oltre 1,06, ma poi ha perso strada facendo i suoi guadagni scivolando di nuovo verso 1,057.
Nella giornata di ieri la valuta unica ha toccato i minimi annuali rispetto al biglietto verde.
