La ricerca di beni rifugio e l’intervento sul mercato della banca centrale svizzera, hanno consentito al Franco di recuperare terreno sul dollaro, dopo il minimo di 6 mesi toccato a inizio ottobre ( a 0,92).
L’improvviso scoppio del conflitto israelo-palestinese a seguito degli attentati terroristici di Hamas, ha creato un clima di avversione al rischio. Inoltre la fiammata del petrolio ha sollevato ulteriori preoccupazioni su un nuovo aumento dell’inflazione, che potrebbe spingere i tassi di interesse più in alto.
In questo contesto bisogna aggiungere poi l’intervento della BNS sul mercato, che sta venendo valuta straniera per sostenere quella nazionale. Le riserve presso la banca centrale sono scese a settembre al livello più basso dal 2017, prolungando la brusca inversione della tendenza pluridecennale alla costituzione delle riserve fino al 2022.
Così il franco svizzero ha potuto riprendersi, con il cambio che si è riportato sotto 0,91, e si sta riavvicinando alla EMA200.
Nonostante il suo apprezzamento da inizio anno, la valuta elvetica ha patito nelle ultime settimane la divergenza tra la politica monetaria nazionale e quella statunitense.
La BNS ha inaspettatamente mantenuto invariato il tasso di riferimento nella riunione di settembre, sospendendo il ciclo di inasprimento poiché la banca centrale ha deciso di affrontare le preoccupazioni sulla crescita in un contesto di inflazione relativamente bassa.