Il meeting di fine febbraio mostra una Reserve Bank of New Zealand più accomodante del previsto, e questo finisce per penalizzare il dollaro NZD rispetto a quello americano.
La banca centrale neozelandese ha mantenuto il tasso ufficiale di liquidità (OCR) al 5,5%, estendendo la pausa sui tassi per il quinto incontro consecutivo. Tutto sommato era ciò che i mercati si aspettavano.
Tuttavia, la RBNZ ha evidenziato i progressi compiuti nel contenere l’inflazione, abbassando anche le previsioni per un picco dei tassi al 5,6% dal 5,7%. Per questo i mercati adesso danno una probabilità solo del 20% che vengano alzati i tassi a maggio, rispetto al 50% che c’era in precedenza.
Settimana scorsa, il governatore Adrian Orr aveva già sottolineato i rischi di una politica eccessivamente restrittiva, pur ribadendo che c’è ancora del lavoro da fare per abbassare l’inflazione core.
Come detto, a pagare questo nuovo scenario più accomodante è stato il dollaro neozelandese. Il cambio NZDUSD crolla sotto 0,61, scivolando ai livelli più deboli in quasi due settimane. Gli investitori adesso aspettano il dato PCE sull’inflazione Usa, che ha un grande valore per le decisioni della Fed.
La RBNZ si aspetta che l’inflazione complessiva rimanga ancora al di sopra del livello obiettivo compreso tra l’1 e il 3%.
Per quanto riguarda il PIL, il consiglio ha affermato che la crescita nel breve termine sarà contenuta poiché i dati nazionali sono stati contrastanti negli ultimi mesi, con le prospettive economiche del principale partner commerciale, la Cina, che rimangono storicamente deboli e le banche centrali globali che probabilmente manterranno la loro impostazione aggressiva più a lungo del previsto per allentare la situazione. persistente pressione sui costi.