Era più che giustificata la prudenza che i mercati avevano avuto nei giorni scorsi, aspettando il dato sull’inflazione USA. Secondo i dati resi noti dal Bureau of Labor Statistics, i prezzi hanno corso per il secondo mese consecutivo, spazzando via le possibilità che la FED possa tagliare i tassi prima dell’estate.
Il tasso di inflazione annuale negli USA ha accelerato al 3,5% a marzo (livello più alto da settembre). A febbraio era stato il 3,2% e le previsioni erano per una accelerazione minore, del 3,4%. Anche il tasso di inflazione core ha superato le previsioni. Il dato dice 3,8%, ci si aspettava il 3,7%.
Su base mensile, entrambi gli indici hanno superato le aspettative. Quello generale è aumentato dello 0,4% (le previsioni erano per lo 0,3%), mentre il tasso core è cresciuto dello 0,4% (le aspettative del mercato erano dello 0,3%).
Se i dati sul lavoro della settimana scorsa avevano già raffreddato le possibilità di un taglio dei tassi di interesse a giugno, questo report sull’inflazione cancella quasi ogni possibilità. Di fronte a un’inflazione così persistente, la FED continuerà a tenere i tassi di interesse ancora alti per un po’ di tempo.
Secondo il mercato, il primo intervento sul costo del denaro ci sarà solo a settembre, e complessivamente sono previsti tagli per 50 punti base, mentre prime se ne prevedevano 60.
Tutto questo ha finito per spingere il dollaro sul mercato valutario. Il Dollar Index è salito fino a spingersi oltre quota 105, sui livelli di novembre scorso. Il cambio EURUSD è nuovamente precipitato poco oltre la soglia di 1,07. Il calo più vistoso però ha riguardato il dollaro australiano, con il cambio AUDUSD che ha perso circa 2 punti percentuale.
Intanto il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni è salito al 4,5%, 20 punti base sopra i minimi della sessione, al livello più alto in sei mesi.