Dopo aver corso senza sosta per parecchi mesi e guadagnato oltre il 30% da inizio anno, il prezzo dell’oro dà la prima grande delusione agli investitori, segnando la settimana peggiore da giugno 2021.
Il prezzo dell’ è infatti sceso a 2.560 dollari l’oncia, sotto pressione per via di da un dollaro USA forte e delle ridotte aspettative di tagli dei tassi della Federal Reserve, che hanno indebolito l’attrattiva di questa commodity non fruttifera.
Il presidente della Fed Powell ha indicato che non vi è alcuna necessità di abbassare ancora i tassi di interesse, perché l’economia USA resta resiliente e il mercato del lavoro robusto, mentre l’inflazione persiste. Questo approccio cauto agli aggiustamenti della politica monetaria ha abbassato le aspettative del mercato per un altro taglio dei tassi a dicembre (ora assegnano una probabilità del 58%, in calo rispetto all’80% prima del discorso).
Peraltro i timori che le politiche di Trump possano innescare una nuova fiammata inflazionistica, riducono ulteriormente la capacità della Fed di ridurre i costi di finanziamento nel prossimo futuro. Non a caso, subito dopo la vittoria del candidato repubblicano alle presidenziali Usa la correzione dell’ si è fatta molto più pronunciata.
Altri fondamentali non aiutano la ripresa delle quotazioni dell’oro. I rischi geopolitici rimangono, ma sono invariati rispetto alle ultime settimane.
Il prezzo dell’ sta vivendo così la sua prima fase fiacca dopo mesi di rally, a causa del rafforzamento del dollaro e dei rendimenti dei titoli del Tesoro nonché della maggiore propensione al rischio sui mercati finanziari.
Il lingotto è sceso così verso il supporto tecnico a quota 2.540 dollari (il successivo supporto è sotto la soglia psicologica dei 2500).