Sul mercato valutario continua la crescita del dollaro Usa, sulla scia delle minori aspettative in nuovi tagli dei tassi da parte della Federal Reserve. Se la settimana scorsa le probabilità di una riduzione di 25 punti base erano all’83%, oggi sono scese intorno al 56%.
A poco a poco che si delinea la composizione della nuova amministrazione Trump, i trader valutano le conseguenze sul fronte del deficit, dell’inflazione e delle politiche commerciali del nuovo presidente. In definitiva, questo scenario sembra essere un ostacolo arduo per la Fed, che potrebbe interrompere prematuramente il suo percorso di taglio ai tassi di interesse.
Peraltro, a favore dei “falchi” presenti nel FOMC (il comitato di politica monetaria della FED) ci sono anche alcuni dati macro, che evidenziano la ripresa dell’inflazione e la resilienza dell’economia a stelle e strisce.
Inoltre, l’escalation in corso nel conflitto Russia-Ucraina, dopo gli attacchi ucraini sul territorio russo con missili di fabbricazione occidentale, ha rafforzato l’attrattiva del dollaro come bene rifugio (basta pensare che l’indicatore della paura di Wall Street era balzato al picco di 18,79).
Questo spiega perché il si è affacciato anche oltre quota 107, sui massimi di due anni. Il biglietto verde si è apprezzato soprattutto rispetto all’euro ( a quota 1,046) e alla sterlina ( sotto 1,26).
Nel frattempo il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 1 anno si è mantenuto attorno al 4,4%.