Neppure l’OPEC è riuscito a risollevare il prezzo del petrolio, che continua a viaggiare nell’orbita dei 70 dollari al barile. Nel complesso e hanno vissuto una settimana interlocutoria, senza balzi di prezzo.
Il cartello dei produttori, che aveva rinviato la sua decisione al 5 dicembre, alla fine ha scelto di rimandare nuovamente – per la terza volta – i previsti aumenti da 180.000 barili al giorno almeno sino alla primavera inoltrata. Fino ad allora l’offerta di petrolio resterà invariata, poi da aprile eliminerà gradualmente i tagli alla produzione nell’arco di 18 mesi, a un ritmo più lento di quanto inizialmente previsto.
Nel frattempo, gli Emirati Arabi Uniti hanno anche annunciato che ritarderanno il previsto aumento di 300.000 barili al giorno del loro obiettivo di produzione di greggio da gennaio ad aprile.
I membri dell’OPEC+ stanno congelando 5,86 milioni di barili al giorno di produzione, ovvero circa il 5,7% della domanda globale, per dare sostegno al prezzo visto che gli scenari continuano ad essere caratterizzati da un forte deficit della domanda globale. Le difficoltà dell’economia globale (in special modo quella cinese) deprimono infatti la domanda di carburante ed energia.
Al tempo stesso c’è un aumento della produzione al di fuori del gruppo (in Usa) che esercita ulteriori pressioni ribassiste sui prezzi di WTI e Brent.
Questo scenario trattiene il prezzo del verso i 72 euro e il sotto i 69 euro. Dall’inizio dell’anno la performance del greggio da inizio anno che fa segnare un -5,5% per il Brent ed un -3,3% per il WTI.