Torna a dominare l’incertezza sul mercato del petrolio, in scia dell’altalena di venerdì che ha fatto seguito alle decisioni di Russia e OPEC di estendere i tagli produttivi fino alla prossima primavera.
Gli operatori stanno aspettando i prossimi dati sulle scorte, ma stanno anche valutando i dati sugli impianti di trivellazione Usa.
Settimana scorsa c’è stato il 19esimo aumento consecutivo, e va ricordato che più o meno dalla metà 2016 l’output statunitense è cresciuto del 10% a oltre 9,3 milioni di barili, avvicinandosi ai dati relativi i primi due produttori al mondo, la Russia e l’Arabia Saudita.
Nel frattempo il mercato si chiede se e in che misura avranno efficacia le misure di contenimento della produzione, appena prolungate di 9 mesi. E’ stato deludente sapere che non ci sono stati altri paesi disposti ad allinearsi ai tagli, ma anche che non è stato deciso di ampliare la sforbiciata produttiva.
La mossa di Russia e OPEC sembra più che altro volta a prendere altro tempo, per congelare la situazione attuale sperando di trovare la ricetta giusta da qui a marzo 2018 per dare maggiore efficacia all’azione per sostenere i prezzi.
Questi ultimi intanto si tengono a galla, sia pure faticosamente. Il passa di mano poco sopra i 52,70 dollari il barile dopo essere andato in calo nel corso della mattinata.
Discorso analogo per il , che dopo una mattinata in calo (sulla scia di quanto visto anche venerdì scorso) si è poi ripreso tornando oltre la soglia dei 50 dollari al barile.
Va però ricordato che oggi è una seduta molto particolare, dal momento che sono in vacanza le piazze cinesi, nel Regno Unito e negli USA si festeggia il Memorial Day.