Dopo la fiammata di metà settimana, che era stata innescata dal balzo veemente dell’inflazione negli USA fino ai massimi da 13 anni ad aprile, il dollaro chiude invece la settimana in calo. Il ha infatti esteso le perdite a 90,3 venerdì, portando il bilancio dell’ultimo anno a -10%.
Da una parte hanno agito i commenti di diversi funzionari della Fed, che hanno ribadito l’impegno della banca centrale a sostenere l’economia.
I responsabili politici della Fed hanno affermato che qualsiasi aumento delle pressioni sui prezzi sarà transitorio e dovrebbe diminuire man mano che le catene di approvvigionamento si adegueranno all’aumento della domanda.
Questo ha calmato i mercati e ridimensionato le aspettative di un rialzo prematuro dei tassi di interesse.
In secondo luogo, il biglietto verde è stato appesantito dal dato sulle vendite al dettaglio, che inaspettatamente ad aprile non hanno mostrato alcuna crescita rispetto a un mese prima.
Questo suggerisce che gli americani hanno smesso di spendere le risorse erogate grazie ai massicci stimoli economici.
Peraltro questi dati deludenti sul commercio al dettaglio si aggiungono ai dati che hanno mostrato che le assunzioni sono rallentate ad aprile, evidenziando il rimbalzo irregolare in corso nell’economia statunitense.