Alla fine, sia pure con ritardo e un po’ di turbolenza, l’Opec+ ha raggiunto un accordo nella giornata di domenica. I produttori di petrolio allenteranno ulteriormente i tagli all’offerta a partire da agosto, ed estenderanno un patto generale di gestione dell’offerta fino alla fine del 2022.
Le frizioni con gli Emirati Arabi Uniti, che avevano portato alla cancellazione del meeting convocato per lunedì 7 luglio, sono state superate grazie a due settimane di continue operazioni diplomatiche di “taglia e cuci“.
A partire da agosto, la produzione complessiva verrà aumentata di 400mila barili al giorno (L’organizzazione rilascera così in totale 5,8 milioni di barili al giorno), andando parzialmente incontro alle richieste di Abu Dhabi.
Gli Emirati potranno aumentare l’output a 3,5 milioni di barili, meno dei 3,8 milioni richiesti ma più degli iniziali 3,17 milioni previsti, che avevano portato allo scontro.
Per giustificare l’aumento, i Paesi Opec+ dicono di aver “preso atto del continuo rafforzamento dei fondamentali del mercato, con la domanda di petrolio che mostra chiari segnali di miglioramento e le scorte dell’Ocse in calo”.
La proposta di controllo dell’output andrà avanti almeno fino a dicembre 2022, evitando così una rottura del Cartello.
L’accordo scongiura, sulla carta, una “guerra dei prezzi“, anche se restano i dubbi sul fatto che la quantità di volume ripristinata dall’Opec+ sia effettivamente sufficiente a tenere nei prossimi mesi i prezzi sotto controllo, dato che la domanda dovrebbe continuare a crescere.
Intanto dopo l’accordo raggiunto domenica, i prezzi del greggio hanno cominciato in netto ribasso la settimana.
Nelle prime ore dei lunedì, il petrolio Wti del Texas era scenso a 71,1 dollari al barile mentre il Brent del Mare del Nord perdeva a 72,9 dollari.
Poi nel corso delle ore la discesa si è amplificata, fino a spingere i due prezzi al di sotto dei 70 dollari.