E’ stata un’altra settimana intensa per i prezzi del petrolio. Il mercato ha raggiunto i massimi pluriennali all’inizio della settimana, a causa delle preoccupazioni sulla carenza di carbone e gas in Cina, India ed Europa, che hanno stimolato il passaggio al diesel e all’olio combustibile per l’energia.
Il Brent si muove sugli 84 dollari al barile, il WTI si aggira sugli 86. Entrambi non vedevano tali livelli dal 2014.
Tra i fattori che hanno mosso i prezzi dle petrolio, ci sono le preoccupazioni sull’offerta negli Stati Uniti hanno superato l’allentamento delle crisi energetiche. Le scorte di greggio statunitensi rimangono a livelli bassi (I dati della EIA evidenziano una discesa al livello più basso da ottobre 2018). Intanto l’OPEC+ ha faticato a riportare il greggio sul mercato.
Allo stesso tempo, i prezzi del carbone e del gas sono diminuiti, frenando la sostituzione del petrolio nei generatori. Hanno contribuito a smorzare la corsa al petrolio anche le previsioni sul clima degli Stati Uniti, che questo inverno dovrebbe essere più caldo della media, secondo una previsione della National Oceanic and Atmospheric Administration.
Avanza l’Oro
Intanto in settimana l’oro intanto si è riaffacciato oltre i 1800 dollari l’oncia, toccando il massimo in 5 settimane. Lo slancio si è affievolito sul finire di settimana, dopo che Jerome Powell ha annunciato che la Federal Reserve è pronta per iniziare il tapering.
Il gold metal – che chiude la seconda settimana di rialzo – ha beneficiato di un dollaro USA più debole e delle persistenti pressioni inflazionistiche (L’oro è sempre stato considerato una copertura contro l’inflazione). Tuttavia l’aumento dei rendimenti obbligazionari resta un fattore di rischio per il metallo giallo. Qualsiasi misura aggressiva da parte delle banche centrali per frenare l’aumento dei prezzi e dei tassi di rialzo, sarà dannosa per il metallo prezioso.