La settimana del dollaro si chiude senza grandi sussulti finali, anche perché l’unico dato macro rilevante del giorno è quello relativo al sentiment dei consumatori dell’Università del Michigan, sceso a 66,8 a novembre (al di sotto delle aspettative di mercato, nonché la lettura più bassa dal novembre 2011).
Tuttavia, questo dato conferma le preoccupazioni riguardo al ritmo della ripresa economica.
Il vero driver del biglietto verde però continua a essere il dato sull’inflazione reso noto nei giorni scorsi, che potrebbe costringere la Federal Reserve a prendere in considerazione aumenti dei tassi di interesse prima del previsto.
I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati del 6,2% a ottobre rispetto all’anno precedente, il massimo in quasi tre decenni, ma finora i funzionari della Fed hanno negato ogni discussione sull’aumento dei tassi di interesse, ritenendo queste fiammate per lo più transitorie.
L’indice del dollaro rimane vicino a un massimo di 4 mesi, dopo aver toccato anche il massimo da luglio 2020 oltre 95,2.
Il cambio con l’euro (EURUSD) rimane intanto sotto quota 1.145. Anche in questo caso siamo su livelli che non si vedevano dall’estate del 2020.
I rendimenti dei titoli del Tesoro USA a 10 anni rimangono intorno all’1,57%, mentre quelli a cinque anni sono leggermente saliti.