I prezzi in Gran Bretagna corrono ancora. In base ai dati rilasciati mercoledì, il tasso di inflazione annuo nel Regno Unito è aumentato al 5,4% a dicembre 2021 dal 5,1% di novembre. Il balzo è stato più forte delle previsioni di mercato (5,2%). Quella odierna è la lettura più alta dal marzo 1992.
L’indice principale, che esclude le voci volatili, è aumentato di un record del 4,2%. Quello che allarma però è che le pressioni inflazionistiche persistono: aumento della domanda, aumento dei costi energetici, interruzioni della catena di approvvigionamento e un basso effetto base rispetto allo scorso anno.
Nel frattempo l’inflazione dei prezzi di produzione ha mostrato segnali che le pressioni sui costi potrebbero aver raggiunto il picco. Il tasso principale è sceso infatti al 9,3% su base annua, dal 9,4% del mese precedente e al di sotto delle stime di mercato del 9,4%. E’ la prima volta che l’indice di prezzi alla produzione rallenta da maggio 2020.
I dati sui prezzi alimentano ancora di più le aspettative di una nuova stretta da parte della Bank of England. Gli investitori vedono un’alta probabilità che la banca centrale intervenga ancora per domare la pressione sui prezzi.
Questo si riflette sulla sterlina britannica, che rimane tonica (GBPUSD a 1,36) dopo aver toccato un massimo di oltre due mesi di 1,374 la scorsa settimana.
La corsa del cross si è fermata sul livello Fibonacci 50, per tornare a testare la EMA200, come vediamo sul broker .
A frenare l’ascesa del pound è stata l’aspettativa che la FED possa accelerare la stretta monetaria, alzando i tassi di qui a breve.
Un altro fattore frenante è la crescente incertezza politica britannica, dopo che il primo ministro Boris Johnson ha ricevuto richieste di dimissioni da parte di alcuni membri del suo partito, dopo aver ammesso di aver partecipato a un drink del personale durante il lockdown di maggio 2020.