L’inflazione USA corre ancora più del previsto, aumentando ulteriormente le possibilità che la FED ritocchi già a marzo i tassi di interesse.
A gennaio i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono saliti del 7,5%, ai massimi dal febbraio 1982 e oltre le previsioni del mercato. L’aumento su base mensile è stato dello 0,6%, anche in questo caso oltre le attese degli analisti.
L’incide core dell’inflazione, quello al netto di energia e alimentari (indicatore preferito della Fed) ha segnato un aumento del 6%, accelerando rispetto al 5,5% di dicembre.
Dopo l’ennesima fiammata dell’inflazione, il rendimento dei titoli obbligazionari statunitensi a 10 anni è salito al di sopra di 2,00 per la prima volta dal 2019.
Il dollaro invece ha reagito in modo altalenante.
L’Index dapprima ha avuto una fiammata fino a 95,9, poi è scivolato bruscamente a 95,3. Anche il cambio EurUsd ha fatto su e giù. Era infatti sceso sotto 1,14 salvo poi tornare rapidamente oltre questa soglia.
Il rapporto sull’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti aumenta le probabilità che la Fed dovrà adottare una posizione di politica monetaria più aggressiva.
La scorsa settimana, anche un numero di buste paga migliore del previsto ha rafforzato tali convinzioni.
I mercati monetari ora vedono una probabilità del 50% di un aumento del tasso di 50 bps a marzo, rispetto al 30% prima del rilascio dell’IPC.