La guerra e il dato macro sul lavoro più robusto del previsto, hanno messo le ali al dollaro, tanto che l’Index vola sui massimi di maggio 2020.
Dal fronte di guerra ucraino non arrivano le buone notizie tanto sperate. Si continua a combattere, anche in prossimità di centrali nucelari. Questo appesantisce l’umore degli investitori, favorendo il dollaro nella sua qualità di bene rifugio.
Intanto arrivano i nuovi dati Non Farm Payrolls. L’economia americana ha aggiunto 678.000 posti di lavoro a febbraio, il massimo in sette mesi e molto al di sopra delle previsioni di mercato di 400.000. L’occupazione rimane 2,1 milioni di posti di lavoro al di sotto del livello pre-pandemia ma molti economisti ritengono che potrebbe recuperare tutte le perdite entro quest’anno.
La retribuzione oraria media invece segna un aumento dello 0,6%, rispetto alle stime di mercato di un aumento dello 0,5%.
In questo contesto l’indice del dollaro ha guadagnato terreno, superando il livello di 98,60 per la prima volta da maggio 2020. Il rapporto sull’occupazione più forte del previsto ha anticipato le aspettative di un’azione più aggressiva da parte della Federal Reserve.
Il presidente della Fed Powell ha recentemente indicato un aumento del tasso di 25 punti base a marzo, ma ha aperto le porte a una mossa più aggressiva se l’inflazione non si riduce come previsto.
Intanto il cambio scende sotto l’importante soglia psicologica di 1,10 (anche in questo caso, non accadeva da maggio 2020). L’inflazione della Eurozona al massimo storico del 5,8%, mette in difficoltà i politici della BCE che la prossima settimana si riuniranno per definire la politica monetaria nel pieno di un clima di guerra.