Le speranze nel negoziato in Turchia si sono rivelate malriposte, perché ieri il round di colloqui tra i ministri degli esteri non è riuscito a portare a un cessate il fuoco. Malgrado oggi il presidente Vladimir Putin abbia parlato di “progressi” nei negoziati tra i due paesi, la sua credibilità non è convincente. La situazione favorisce il rimbalzo del dollaro, che torna a salire dopo la marcia indietro di giovedì.
L’Index DXY è salito fino a 98,9 dopo aver toccato il minimo di una settimana di 97,7 nella sessione precedente.
Il rendimento del Treasury a 10 anni ha intanto superato il livello chiave del 2%, dopo aver toccato i minimi settimanali all’1,67%.
Intanto gli investitori si preparano al meeting della Federal Reserve in programma la prossima settimana, dove è previsto un aumento dei tassi di interesse di 25 punti base, dopo l’ennesimo balzo dell’inflazione, salita al 7,9% a febbraio (nuovo massimo da 40 anni).
A surriscaldare i prezzi ci sono i rialzi delle materie prime e dell’energia, a causa della guerra Russia-Ucraina.
Si deterioira anche il sentimento dei consumatori dell’Università del Michigan, sceso a 59,7 (al di sotto delle previsioni e al livello più basso da novembre del 2011).