Il meeting della Fed, che ha spianato la strada ad una stretta monetaria più rapida del previsto, ha finito per innescare la forte ripresa del dollaro, e il conseguente scivolone delle materie prime sui mercati internazionali.
Pesa anche la notizia che la Cina rafforzerà il monitoraggio dei prezzi delle materie prime, e rafforzerà la supervisione del mercato ha intaccato il sentimento.
Il segno rosso caratterizza la giornata del petrolio, che rimbalza dopo il recente rally fino al livello più alto in oltre due anni.
Malgrado l’EIA abbia riferito che le scorte di greggio degli Stati Uniti sono diminuite ancora, Brent e WTI fanno un passo indietro, pur rimanendo oltre quota 70.
Crolla l’oro, che cede oltre il 4% a 1.770 dollari l’oncia (sui minimi di circa due mesi). L’argento perde addirittura il 7%, il palladio tocca punte di perdita del 10% sotto di 2.600 dollari per oncia troy, un livello che non si vedeva da fine marzo (e malgrado le prospettive rimangano buone, poiché gli standard più severi sull’inquinamento automobilistico in Europa e Cina stanno facendo aumentare la domanda per il metallo).
Meno accentuato il calo del rame, che comunque perde quota.